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Sono passati cinquant'anni da uno degli espisodi simbolo degli anni di piombo in Italia. Il 28 febbraio 1975, a Roma, lo studente greco 22enne Mikis Mantakas venne assassinato durante violenti scontri tra opposte fazioni politiche. Il suo omicidio rappresenta una delle pagine più drammatiche e sconvolgenti della stagione di tensione e violenza che caratterizzò l'Italia negli anni '70.
Chi era Mikis Mantakas
Mikis Mantakas era un giovane studente di origine greca, nato ad Atene nel 1952 e trasferitosi in Italia nel 1969, iscritto alla facoltà di Medicina dell'Università La Sapienza di Roma. Politicamente impegnato, era un militante del Fronte Universitario d'Azione Nazionale (FUAN), organizzazione giovanile legata al Movimento Sociale Italiano (MSI). Il suo coinvolgimento nelle dinamiche politiche dell'epoca lo rese un bersaglio nel clima infuocato degli anni di piombo.
Giornata di sangue
Quel giorno, a Roma, davanti alla sezione del MSI di via Ottaviano, si consumò un assalto alla sezione missina del rione Prati, maturato in seguito al processo per il rogo di Primavalle in cui morirono due ragazzi, Stefano e Virgilio Mattei, figli del segretario locale del MSI. La tensione era altissima e nelle strade si registravano scontri tra gruppi di estrema sinistra e militanti della destra neofascista.
Dopo l'assalto alla sede del MSI da parte di gruppi di sinistra extraparlamentare, Mantakas si rifugiò all'interno dell'edificio. Poco dopo, venne colpito da colpi di pistola sparati dall'esterno e, nonostante i tentativi di soccorso, morì in ospedale dopo due ore di agonia.
Le conseguenze e le indagini
L'omicidio dello studente greco scosse profondamente il mondo della destra italiana, che lo considerò un martire politico. Le indagini portarono all'identificazione di Alvaro Lojacono, militante di Potere Operaio e futuro membro delle Brigate Rosse, come uno dei responsabili. Lojacono fuggì prima in Algerie e poi in Svizzera, dove ottenne la cittadinanza e riuscì a sottrarsi alla giustizia italiana. Non scontò neanche un giorno per l'assassinio di Mantakas.
Un simbolo degli anni di piombo
La morte di Mikis Mantakas rimane uno dei fatti simbolo della violenza politica che sconvolse l'Italia negli anni '70. La sua memoria viene ancora oggi ricordata in ambienti della destra italiana, e il suo nome continua a essere evocato nel dibattito politico sulla memoria di quegli anni drammatici.
A distanza di quasi cinquant'anni, il suo omicidio resta un monito sui rischi della radicalizzazione ideologica e dell'odio politico, ricordando a tutti quanto la violenza possa segnare in modo indelebile la storia di un Paese.
Tante giovani vittime
Oltre a Mikis Mantakas, numerosi altri giovani persero la vita durante gli anni di piombo a causa della violenza politica. Tra loro Sergio Ramelli, studente milanese di 18 anni, militante del Fronte della Gioventù, aggredito a colpi di chiave inglese da estremisti di sinistra nel 1975 e deceduto dopo 47 giorni di agonia.
Franco Bigonzetti, 20 anni, e Francesco Ciavatta, 18, appartenenti al Fronte della Gioventù, assassinati davanti alla sede del Msi in via Acca Larenzia a Roma il 7 gennaio 1978 da un gruppo armato afferente all'estrema sinistra.
Walter Rossi, 20enne militante di Lotta Continua, ucciso a Roma il 30 settembre 1977 da colpi di arma da fuoco sparati da un gruppo neofascista.
Giorgiana Masi, studentessa di 19 anni, simpatizzante della sinistra extraparlamentare, uccisa a Roma il 12 maggio 1977 durante una manifestazione da un colpo di arma da fuoco, attribuito a uomini delle forze dell'ordine.
Claudio Varalli, militante 17enne di sinistra, ucciso a Milano il 16 aprile 1975 da un colpo di pistola sparato da un militante di estrema destra durante una manifestazione.