L’unica cosa certa è che nel prossimo ottobre entrerà in vigore il nuovo codice doganale europeo per la  disciplina delle zone franche in ambito Ue. Incerta è invece la presenza della Sardegna tra le aree meritevoli di sgravi fiscali tali da compensare loro situazione di svantaggio data, nel caso della nostra Isola, dalla sua insularità. Ed è proprio per scongiurare il rischio di restarne esclusi che per il 24 giugno è stata organizzata una manifestazione davanti a Palazzo Chigi. Contemporaneamente, sarà richiesto anche un incontro con il presidente del Consiglio Enrico Letta.

Insomma ora o mai più,  tuonano  il comitato spontaneo che  ha promosso l’iniziativa della zona franca e il governatore Ugo Cappellacci. Con loro ci sono i sindaci di oltre 250 comuni, ma il quadro politico, in termini di adesione, non è completo o, forse, è gravemente incompleto. Manca, infatti, il Pd, per il quale quello dedicato alla zona franca è solo tempo perso. Ci sono altri strumenti più idonei e più concreti, sostengono a più riprese i suoi esponenti, per ottenere dei vantaggi anche fiscali per la Sardegna. Insomma, da una parte la zona franca è una cosa seria, dall’altra è soltanto propaganda e campagna elettorale.

Per i sardi, stretti nella morsa di chi è pro e di chi è contro, è dura venirne fuori, ovvero capire dove si annida la strumentalizzazione, perché in quanto ad abilità nel raggirare l’elettore sono tutti professori, da una parte e dall’altra. Il comitato spontaneo per la zona franca è partito con la sua iniziativa stando fuori dalle schermaglie propagandistiche dei partiti, anche perché forte di una posizione sostenuta da un quadro normativo sempre ignorato da una classe politica che evidentemente, in base ai risultati del tutto assenti,  lo ha concepito  pensando di avvolgerlo subito da una coltre di nebbia permanente.

Nell’interesse dei sardi, perché si abbia la consapevolezza di un tema prima, eventualmente, di archiviarlo per sempre, ecco quali sono le basi giuridiche su cui si fonda la pretesa, dunque legittima, che la Sardegna sia riconosciuta come titolare di punti franchi:

  • Legge costituzionale del 26 febbraio 1948, n. 3, di approvazione dello Statuto sardo.   Art. 12: “Il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato. Saranno istituiti nella Regione punti franchi”;
  • Art. 1 del decreto legislativo n. 75 del 1998 “Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna concernenti l’istituzione di zone franche”. Dispone l’istituzione di zone franche nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax e in altri porti di aree industriali a essi funzionalmente collegate o collegabili. La delimitazione territoriale delle zone franche e la determinazione di ogni altra disposizione necessaria per la loro operatività sono demandate all’emanazione di appositi decreti presidenziali, su proposta della Regione. Al momento risulta delimitata soltanto la zona franca di Cagliari.
  • Consiglio Regionale della Sardegna. Risoluzione n. 42.                                                          E’ un documento della 1^ Commissione “sulla delimitazione delle zone franche e sulla necessità di attuare in Sardegna forme di fiscalità di vantaggio”.  

Nulla, dunque, è stato fatto finora, nonostante la presenza dei riferimenti normativi sopra riportati. Fonti qualificate della politica continuano a sostenere che la questione della zona franca è tutta una bufala, senza, peraltro, spiegare al cittadino il perché di tale posizione. Ai politici nostrani non è mai piaciuto essere braccati da comitati spontanei o da iniziative popolari, salvo che non siano stati essi stessi, certo non nell’interesse generale, a promuoverle. Ci hanno abituati così da più