Il corno e l’acciaio. Il manico e la lama. L’incudine, la forgia ed il martello. La produzione del coltello a serramanico, icona della società pastorale e contadina sarda, si sposa a Pattada con l’arte sopraffina dei locali mastros frailalzos, i fabbri ferrai che da generazioni si tramandano i segreti di un mestiere affascinante, a tratti misterioso, che ha rappresentato per questo paese un'apprezzabile risorsa economica e una componente culturale e sociale di assoluto interesse.

Proprio a Pattada, in questi giorni, è in corso l’XI edizione della Mostra del Coltello che il 28 e 29 agosto verrà arricchita dall’appuntamento Fiamas de Sardigna, una singolare esposizione dei migliori coltellinai dell’isola.

La leggenda vuole che la nascita della resolza pattadese fu possibile grazie al ritrovamento di un siddadu, un tesoro. Ad avviare una metodologia di lavorazione codificata di questo prezioso utensile, nella seconda metà dell’Ottocento, furono i fratelli Mimmia e Giuanne Bellu il cui palazzo in Piazza delle Poste conserva ancora un’incudine scolpita nella facciata in granito. Il coltello dei frades Bellos, la cui lama ancora fissa veniva custodita in un pezzo di sughero pro no offendere, venne perfezionato da un loro giovane dischente, Zintu Canale “mannu, ritenuto l’ideatore dell’attuale resolza pattadese.

Tra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900, i coltellinai pattadesi iniziarono a partecipare alle fiere dell’isola dove esponevano e vendevano i propri prodotti di alta scuola sempre più raffinati da una tradizione che andava sviluppandosi. Non solo coltelli ma anche ringhiere, cancelli, forbici per la tosatura, falci ed altri attrezzi da lavoro prodotti a Pattada erano apprezzati da chiunque li acquistasse.

Nei frailes di Pattada, una volta procurato il corno per il manico del coltello – originariamente di muflone, oggi più spesso di montone – lo si pulisce e riscalda nella forgia, oggi come allora, per renderlo più malleabile così da poterlo facilmente lavorare. L’acciaio, nel frattempo, viene arroventato nella forgia e battuto dal fabbro con un pesante martello sull’incudine fino ad assumere la forma della lama che viene poi sgrossata con una lima acquisendo una linea sempre più sottile ed elegante. A questo punto inizia la fase della tempratura. Il fabbro immette ancora la lama nella forgia fino a farle raggiungere una determinata temperatura e poi la immerge in un olio specifico che ne rafforza le caratteristiche peculiari. Una volta preparato l’arco in acciaio da inserire tra le due parti del manico (sas caras), l’insieme viene assemblato utilizzando un anello d’ottone e una serie di chiodini ribattuti che assicurano stabilità all’impianto. Un’ultima ripulita al manico in corno e alla lama a foglia di mirto e il coltello è pronto.

Così tra le colline del Logudoro, ai piedi del Monte Lerno, nasce il coltello pi&u